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Giano: Il buen retiro degli Appenninisti

Il monte Giano

La cima del Giano è divisiva, tra i nostalgici che la venerano per la scritta silvestre e la parte avversa che non nascose, nelle pagine dei social e nelle chiacchiere da bar, un certo godimento durante l’incendio che pochi anni fa danneggiò in maniera decisiva quello che sicuramente resta un piccolo capolavoro di ingegneria forestale. La prima volta che salii lì sopra, nonostante la mia coscienza assolutamente antifa e un certo impegno tra le file civili dell’associazionismo progressista, non riuscii a non stupirmi di tutte quelle opere di terrazzamento e di canalizzazione delle acque che furono la condizione base per la realizzazione delle tre lettere ad opera degli Allievi della Scuola Forestale, tra il 1938 e il 1939. Ciò detto, da montanaro, sul Giano torno sempre con un certo piacere per una serie di  fattori: la ricchezza floristica, la possibilità di ammirare (camminando in silenzio) la selvatica fauna del luogo e un sentiero con pendenza costante e impegnativa che ogni volta mette alla prova e che favorisce il godibilissimo rilascio di endorfine. Rispetto alle cime del vicino Terminillo, il Giano è contraddistinto da sentieri poco battuti dal popolo degli escursionisti e dunque rappresenta, specialmente nei mesi estivi quando altrove la montagna somiglia per affollamento alle spiagge di Rimini Rimini, un approdo sicuro, un buon ritiro per chi vuole godere della pace assoluta delle cime.

Il sentiero parte sulla Via Salaria direzione l’Aquila all’altezza dal santuario ruprestre della Madonna delle Grotti, cinque chilometri dopo aver abbandonato il paese di Antrodoco.  Lasciata la macchina nel vicino parcheggio e dopo aver eventualmente visitato il Santuario,  luogo di forte pellegrinaggio ove la storia diocesana narra di un’apparizione della Madonna in data1601 a una fanciulla di nome Bernardina Boccacci, si intuisce facilmente la carrareccia che inizia a salire per divenire, dopo circa un chilometro, un gradevolissimo sentiero.  Nella prima fase della passeggiata troverete la compagnia di mucche e cavalli di allevamento, dopodiché sarà il vostro occhio a dover essere veloce per rintracciare volpi, scoiattoli e i tanti caprioli che vivono liberi la montagna. Per arrivare nella radura della celebre scritta si deve passare dai circa 700 metri slm della partenza ai 1300 metri degli sbalzi rocciosi che dominano la Valle del Velino. Ho camminato questi sentieri in ogni stagione, ma con certezza posso affermare che il periodo primaverile della fioritura è quello più emozionante quando si arriva nella vasta radura. Dopo aver tirato un po’ il fiato (l’escursione è impegnativa,calcolate almeno un’ora  e mezza) in quota è possibile trovare un momento di riflessione e raccoglimento presso la piccola Cappella degli Alpini, oppure se si è stati così organizzati da contattare per tempo il Signor Cardellini, bivaccare anche per una notte intera presso il Rifugio omonimo. Si tratta di una struttura ex pastorale, molto piccola, dove però è possibile dormire e passare una serata dinanzi al fuoco entro una cornice selvaggia e autentica. Fino a pochi anni fa non era necessario chiedere il permesso e le chiavi, ma dopo alcuni atti  vandalici il Signor Cardellini ha preferito assicurare al rifugio paterno un futuro più sicuro.

Dopo aver goduto dell’ampia radura, che oltre che sulla Valle del Velino offre un panorama impagabile sulle Cime del Terminillo (Terminilluccio, Terminilletto, Terminillo, Elefante, Cambio), è possibile proseguire l’ascesa entrando nella scritta per poi proseguire fino alla vetta e all’antivetta del Giano. Il tempo che occorre è più o meno pari a quello della prima parte dell’ascesa, fino a quota 1820.  Senza entrare nel dettaglio escursionistico, si consiglia gli interessati di godere di ogni possibilità di questa escursione sfruttando il sempre ricco di informazioni sito internet di Giuseppe Albrizio,lemiepasseggiate.it, vera miniera per l’escursionismo nel Centro Italia. Il consiglio generale è legato all’abbigliamento consono e a una discreta preparazione fisica.

L’ultimo ricordo che ho  del Giano risale a  qualche inverno fa quando, durante una fitta nevicata, decisi di risalire il sentiero, non senza fatica, fino al Rifugio Cardellini. In quota il manto nevoso superava abbondantemente il metro di altezza e, per l’assenza del Giano tra le rotte dell’escursionismo di massa, fu una forte emozione ritrovarmi in un contesto assolutamente incontaminato dalla presenza antropica. Lassù, in silenzio,  io e una delle mie montagne preferite. Spero di avervi incuriosito.

Maurizio Perelli

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